Speciale Natale – Quando, nella notte di Natale, il cane diventa una prova

Nelle notti più lunghe dell’anno, quando il Natale si colloca ancora sul confine tra il sacro cristiano e le antiche credenze pagane, il mondo sembra farsi più sottile. È in questo spazio sospeso che nascono molte leggende europee legate ai cani: animali di confine, compagni dell’uomo ma anche messaggeri dell’invisibile. Tra queste, una delle più curiose e inquietanti arriva dal folklore germanico: la leggenda delle ventiquattro figlie-cane di Frau Gaude.

La tradizione avverte: se nella notte di Natale, in lontananza, scorgete una muta di cani da caccia dall’aspetto ultraterreno, non lasciatevi tentare dalla curiosità. Non sempre si tratta dei segugi inquieti delle cacce selvagge. Potrebbe essere qualcosa di diverso. E peggiore.

Frau Gaude è uno spirito errante, una figura femminile ambigua e instabile, che nella notte di Natale percorre il mondo accompagnata da ventiquattro cani da caccia. Ma questi cani non sono ciò che sembrano: non sono animali, bensì le sue figlie, trasformate in segugi.

Ventiquattro, come le ore del giorno. Un numero che richiama il tempo, il ciclo, l’attesa.

La leggenda insiste su un dettaglio preciso: porte e finestre devono restare ben chiuse. Perché se una casa rimane aperta, una delle figlie-cane può insinuarsi all’interno, silenziosa, e accoccolarsi davanti al camino. La mattina di Natale, il padrone di casa si sveglia e si trova un cane che dorme in salotto. All’apparenza, nulla di minaccioso. Anzi, potrebbe sembrare un dono inatteso. Ma la prova comincia subito.

Il cane di Frau Gaude è esigente, intollerante alla trascuratezza, refrattario a qualsiasi trattamento approssimativo. Non accetta avanzi, non dorme in cuccia, non può essere ignorato o umiliato. Ed è qui che la leggenda rivela il suo nucleo simbolico: questi cani non sono davvero cani. Sono fanciulle sotto forma animale, e come tali pretendono rispetto. Chi prova ad abbandonare l’ospite se lo ritrova il giorno dopo davanti alla porta, più furioso di prima. Chi tenta di ucciderlo fallisce: il cane si trasforma in pietra, solo per tornare vivo il mattino seguente. Un ciclo infinito, una punizione senza via di fuga.

Non esistono scorciatoie. L’unico modo per interrompere il ciclo è accogliere il cane e prendersene cura per un intero anno. Un anno di responsabilità, presenza, attenzione. E poi, alla vigilia di Natale successiva, lasciare di nuovo porte e finestre spalancate, attendendo il ritorno di Frau Gaude. Se la figlia-cane è stata trattata con dignità, la madre tornerà a riprenderla. E, secondo la leggenda, ricompenserà la famiglia con doni abbondanti, tali da coprire ogni spesa e ogni fatica.

Una leggenda che parla ancora sotto la veste ironica e grottesca, la leggenda di Frau Gaude racconta qualcosa di profondamente attuale. Il cane non è un oggetto, non è un capriccio, non è un peso da sopportare: è una relazione che mette alla prova.

Nel folklore europeo, il cane compare spesso come figura morale: non giudica, ma osserva. Non punisce subito, ma attende. E restituisce ciò che ha ricevuto. Forse è per questo che queste storie continuano ad affascinarci. Perché, ancora oggi, alcune relazioni con i nostri cani funzionano allo stesso modo: chiedono tempo, rispetto, responsabilità. E, se sappiamo restare, ci restituiscono molto più di quanto immaginiamo.