Speciale di Natale – il cane nero delle notti d’inverno
Quando immaginiamo il Natale oggi, pensiamo a una festa di luce continua, di colori caldi, di sicurezza. Ma per secoli non è stato così. Il Natale cadeva nel cuore dell’inverno, nel punto più fragile dell’anno, quando il freddo mordeva, le scorte erano limitate e la morte non era un’idea astratta, bensì una presenza quotidiana. È in questo contesto che nascono molte leggende oscure, e tra queste una delle più potenti è quella del Gramo.
Il Gramo appare nelle tradizioni dell’Europa settentrionale e delle isole britanniche come un enorme cane nero, spettrale, dagli occhi luminosi, spesso gialli o fiammeggianti. La sua sola apparizione bastava a gelare il sangue. Secondo la credenza popolare, chi lo vedeva poteva essere prossimo alla morte. Per questo il Gramo si è guadagnato, nel tempo, la fama di presagio supremo, il più temuto tra tutti.
Il suo nome affonda le radici nell’antico inglese grimm, termine che indicava uno spettro, uno spirito della morte. Non un assassino, non un demone attivo, ma un segno. Un messaggero silenzioso di un passaggio imminente. Come spesso accade nel folklore, il Gramo non porta la morte: la annuncia, o meglio, la rende visibile.
Nelle tradizioni locali scozzesi e inglesi, questa figura è conosciuta anche come Church Grim o Kirk Grim. Si diceva che abitasse i cimiteri e i sagrati delle chiese, soprattutto quelli più antichi. Secondo una credenza diffusa, alla costruzione di una nuova chiesa il primo essere sepolto nel terreno consacrato sarebbe diventato il guardiano eterno del luogo. Per evitare che questo destino toccasse a un essere umano, si racconta che venisse sacrificato un cane, il cui spirito avrebbe vegliato sul camposanto.
In questa versione più antica, il Gramo non è una creatura malvagia. È un custode delle soglie, incaricato di proteggere i morti e di mantenere l’ordine tra i mondi. Solo col passare del tempo, e con l’allontanarsi delle comunità dalla dimensione quotidiana della morte, questa figura si trasforma progressivamente in un presagio esclusivamente negativo.
Le leggende locali si moltiplicano e si arricchiscono di dettagli. Sull’Isola di Man si racconta di un Gramo che infestava il castello e il cimitero di Peel, tanto spaventoso da aver condotto una sentinella alla morte per il terrore. Nel sud dell’Inghilterra, improvvisi avvistamenti di cani neri vengono collegati a morti misteriose. Nel Suffolk, il famigerato Black Shuck compare durante tempeste violente, accompagnato dal fragore dei tuoni, come se fosse una manifestazione stessa della natura scatenata.
Il Gramo, e più in generale il Cane Nero del folklore britannico, è quasi sempre legato alla notte, ai crocevia, ai sentieri abbandonati, ai luoghi di esecuzione. Spazi che non sono mai neutri, ma carichi di significato. Luoghi dove si passa, dove si lascia qualcosa alle spalle, dove si entra in una dimensione diversa.
Le sue origini restano difficili da ricondurre a un’unica tradizione. Influenze celtiche e germaniche si intrecciano, ma il simbolo è più antico e universale. Nella mitologia europea il cane è da sempre associato al trapasso, alla custodia del confine tra vita e morte. Basti pensare a Cerbero, guardiano degli inferi, o ai numerosi cani psicopompi che accompagnano le anime nei miti antichi. Animale che veglia, che scava, che segue le tracce, il cane diventa naturalmente custode dell’ultimo passaggio.
Questa figura non scompare con la modernità. Cambia linguaggio, ma continua a parlare. Nella cultura contemporanea riemerge in forme nuove, come accade nella saga di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Qui il Gramo viene esplicitamente citato come il più terribile dei presagi del mondo magico. Un enorme cane nero che sembra seguire il protagonista come un’ombra di morte. Ma, come spesso accade nelle leggende autentiche, ciò che appare minaccioso non è ciò che sembra. Il racconto moderno recupera, forse inconsapevolmente, l’ambiguità originaria del mito: la paura nasce dall’interpretazione, non dalla creatura in sé.
Il cane nero ritorna anche in altre narrazioni celebri, dal lupo oscuro de La storia infinita al mastino spettrale de Il mastino dei Baskerville, dove il mito diventa strumento di terrore umano, più che soprannaturale.
Raccontare il Gramo nel periodo natalizio significa allora restituire al Natale la sua profondità originaria. Prima di essere festa di luce, il Natale è stato attesa della luce. Un tempo fragile, in cui ogni segno veniva osservato con attenzione, e in cui le leggende servivano a dare un volto alle paure.
Il Gramo non è solo un presagio di morte. È il simbolo di un confine che si manifesta. E forse, dietro l’immagine del grande cane nero che osserva nella notte, c’è ancora l’eco di un’idea antica e potente: anche nel momento più buio dell’anno, qualcuno veglia.


