Periodo storico: dal IV millennio a.C. fino al periodo tolemaico e romano (I sec. d.C.)

Dopo il Vicino Oriente, il nostro viaggio prosegue lungo il Nilo, in una delle civiltà più affascinanti della storia. Qui il cane non fu mai un semplice animale da guardia o da caccia, ma compagno di vita, simbolo religioso e protagonista di riti che hanno attraversato millenni.

Già in epoca predinastica, intorno al 4000 a.C., i cani compaiono accanto agli uomini nelle sepolture. Alcuni esemplari, come i Tesem – levrieri dal corpo snello e dalle orecchie erette, simili agli odierni saluki – erano apprezzati per la caccia e per la loro eleganza. La varietà di resti rinvenuti nelle necropoli dimostra che gli Egizi conoscevano e utilizzavano cani di diversa morfologia: segugi veloci, molossoidi robusti per la guardia, animali da compagnia. È una prova che già allora esisteva una forma di selezione funzionale, adattata ai bisogni della società.

Il cane occupava anche un posto di rilievo nel mondo religioso. La divinità più celebre è Anubi, rappresentata con il corpo umano e la testa nera di sciacallo o di cane. Protettore delle tombe e guida nell’aldilà, Anubi non era una figura minacciosa, ma un custode benevolo dei morti. Accanto a lui troviamo Wepwawet, “colui che apre le strade”, un altro canide che accompagnava le processioni funerarie e guidava le armate. Nei templi, migliaia di cani furono allevati e poi sacrificati come offerte votive, un atto che oggi può sembrare crudele ma che nell’ottica religiosa dell’epoca costituiva un dono prezioso agli dèi.

Le testimonianze archeologiche ci restituiscono storie straordinarie. Abuwtiyuw, un cane vissuto durante la VI dinastia (2345–2181 a.C.), ricevette funerali solenni ordinati dal faraone in persona: un privilegio unico, che ci fa comprendere l’onore e il rispetto che alcuni animali potevano ottenere. A Cynopolis, letteralmente “la città dei cani”, sono state ritrovate necropoli con migliaia di mummie canine. Analisi moderne hanno mostrato che molti esemplari presentavano malattie curate o fratture guarite, prova che i cani non erano semplici strumenti, ma esseri viventi verso i quali esisteva una forma di attenzione e di affetto.

Nella vita quotidiana, i cani erano presenti ovunque: nelle case come guardiani, nei campi da caccia accanto ai nobili, nei cortili delle famiglie comuni. Alcuni rilievi li mostrano con collari decorati, segno che non solo erano utili, ma venivano anche personalizzati e resi riconoscibili. Nei testi sapienziali, il cane entra come metafora di virtù e disciplina: “istruire come un cane” significava educare con costanza, con la certezza che la lealtà sarebbe stata ricambiata.

Questa lunga tradizione non si interrompe con la fine dei faraoni. In epoca romana, nella città portuale di Berenice sul Mar Rosso, è stato scoperto un cimitero di animali domestici risalente al I–II secolo d.C. Tra gatti e scimmie, oltre trenta cani furono sepolti con cura, spesso avvolti in tessuti e accompagnati da oggetti. Alcuni mostravano segni di malattie curate e di lunga assistenza, indizi commoventi che testimoniano un rapporto affettivo intenso, non riducibile alla sola utilità pratica.

Nell’Antico Egitto, dunque, il cane fu compagno di caccia, custode delle case, simbolo divino e guida nell’aldilà. Era un essere a metà tra il quotidiano e il sacro, capace di incarnare la forza, la lealtà e la protezione. Le tracce lasciate nei templi, nelle tombe e nei testi ci mostrano una civiltà che seppe riconoscere nel cane molto più di un animale utile: lo considerò parte della propria vita, al punto da consegnarlo all’eternità.

📌 Approfondimento – Pharaon Hound: mito o realtà?

Quando si parla di Antico Egitto, spesso si pensa subito al Pharaon Hound, cane dal corpo slanciato, dal muso affusolato e dalle grandi orecchie erette, molto simile ai cani raffigurati nei bassorilievi e nelle pitture egizie. Ma esiste davvero una discendenza diretta?

Le analisi genetiche moderne hanno dimostrato che il Pharaon Hound, conosciuto a Malta come Kelb tal-Fenek, non è il diretto discendente dei cani egizi, ma una razza selezionata e riconosciuta in tempi recenti (XX secolo). Il suo nome e la sua immagine richiamano volutamente l’Egitto dei faraoni, ma si tratta di una suggestione più che di una verità storica.

Quello che possiamo dire con certezza è che la morfologia dei cani mediterranei di tipo levriero – come il Cirneco dell’Etna, lo Sloughi o lo stesso Pharaon Hound – conserva un aspetto molto simile ai levrieri dell’Antico Egitto, i Tesem. Non c’è quindi una linea di sangue diretta, ma piuttosto una continuità di tipologia che ha attraversato i secoli nel bacino del Mediterraneo.

👉 In altre parole: il Pharaon Hound non discende dai cani del Nilo, ma ne mantiene viva l’iconografia, alimentando un legame affascinante tra passato e presente.

 

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Bibliografia essenziale

  • Ikram, S. (2013). Dog and Human Burials in Ancient Egypt. Anthropozoologica, 48(2), 299–307.

  • Houlihan, P. F. (1996). The Animal World of the Pharaohs. Thames & Hudson.

  • Wilkinson, R. H. (2003). The Complete Gods and Goddesses of Ancient Egypt. Thames & Hudson.

  • Reisner, G. A. (1936). Iscrizione funeraria di Abuwtiyuw.

  • Ikram, S., & Dodson, A. (1998). The Mummy in Ancient Egypt. Thames & Hudson.

📌 Approfondimenti: Cani nell’antico Egitto: le prime origini del migliore amico dell’uomo

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