Dopo aver visto la presenza del cane nella preistoria, il nostro viaggio prosegue verso un periodo cruciale: tra il IV e il I millennio a.C., quando nacquero le prime grandi civiltà urbane della storia.
È il tempo della Mesopotamia, di Babilonia, degli Assiri e degli Ittiti, un’epoca in cui l’uomo costruisce città, inventa la scrittura e sviluppa le prime religioni organizzate. In questo scenario, anche il cane assume nuovi ruoli: non più soltanto compagno di caccia o guardiano, ma animale sacro, simbolo di potere e presenza quotidiana nelle comunità.
Mesopotamia: i cani della dea Gula
Nelle tavolette sumere e accadiche, risalenti al III millennio a.C., troviamo numerose raffigurazioni di cani. Non erano soltanto strumenti da caccia o difesa: erano strettamente legati alla sfera della salute. La dea Gula, divinità della medicina e della guarigione, era accompagnata da cani raffigurati in posizione vigile. In diversi scavi archeologici, come quelli di Isin e Ninive, sono stati ritrovati amuleti e statuette canine deposti come offerte votive nei templi.
Il cane, associato a Gula, non rappresentava solo la fedeltà, ma la capacità di rigenerare e curare: le sueccaratteristiche, come il leccare le ferite, erano interpretate come segni di potere terapeutico.
Babilonesi e Assiri: cani da guerra e da caccia
Nell’iconografia babilonese e soprattutto assira, il cane compare accanto ai re nelle scene di caccia ai leoni. Le potenti lastre di Ninive mostrano mastini muscolosi, con collari e guinzagli elaborati, che aiutavano i sovrani a dimostrare forza e controllo sulla natura.
Gli Assiri svilupparono vere e proprie linee di cani da guerra e da guardia, utilizzati sia per difendere i palazzi reali sia per accompagnare gli eserciti. Le descrizioni cuneiformi parlano di animali possenti, addestrati con tecniche codificate, che anticipano le moderne pratiche cinofile.
Anatolia e culture ittite
Anche negli archivi ittiti del II millennio a.C. troviamo regolamenti e testi giuridici che citano i cani. Essi avevano un valore sociale: venivano allevati, scambiati e persino usati nei riti di purificazione. In alcuni rituali il cane era considerato animale liminale, capace di assorbire impurità o allontanare spiriti maligni, un ruolo che ritroveremo anche in altre culture antiche.
Simbolismo e vita quotidiana
Al di là delle corti reali e dei templi, il cane era parte integrante della vita quotidiana dei popoli mesopotamici. Custodiva i granai, accompagnava i pastori e condivideva gli spazi delle prime città. La sua presenza era così diffusa che il linguaggio ne fu influenzato: diverse lingue semitiche antiche contengono espressioni in cui il termine “cane” assume significati ambivalenti, a volte dispregiativi, a volte legati alla fedeltà e alla protezione.
Il cane come ponte tra uomo e divinità
In queste civiltà, il cane non fu mai un semplice strumento. Era parte di un universo simbolico che lo vedeva intermediario tra uomini e dèi. Protettore, guaritore, guerriero, compagno: la sua immagine si intrecciava con i valori fondanti di società che hanno segnato la storia dell’umanità.
Questa eredità, che ritroviamo nelle iscrizioni, nei bassorilievi e nelle pratiche rituali, è una delle prime testimonianze del modo in cui l’uomo ha iniziato a riconoscere nel cane un valore culturale e spirituale, oltre che funzionale.
Approfondisci: “I Cani di Nimrud” articolo di Joshua J. Mark tradotto da Elisa Mion sulla World History Encyclopedia
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Bibliografia
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Dickson, B. (2006). Animals in Ancient Mesopotamian Culture. Routledge.
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