Fedeltà, simbolo e presenza silenziosa nei capolavori del Rinascimento

Nel Rinascimento, l’uomo torna al centro del mondo, ma il cane non scompare: rimane al suo fianco, discreto e fedele, compagno di vita e simbolo di virtù. Nei secoli in cui si riscopre la bellezza della natura e la profondità dell’animo umano, anche gli animali acquistano un ruolo nuovo: non più solo elementi decorativi, ma presenze vive, parte della scena, custodi di significati morali e affettivi.

Nelle opere di artisti come Tiziano, Piero della Francesca, Jan van Eyck, Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli, il cane compare accanto ai protagonisti come segno di fedeltà coniugale, lealtà e purezza d’animo.

Nel celebre “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Van Eyck, un piccolo griffone posto ai piedi della coppia è emblema di fedeltà e amore coniugale, ma anche di fiducia reciproca.

In Tiziano, i cani accompagnano nobildonne e principi, come in “Venere d’Urbino”, dove il piccolo cane addormentato sul letto è simbolo di intimità e sicurezza domestica.

Leonardo li osserva con l’occhio dello scienziato e dell’artista, studiandone la postura, il movimento, il muso espressivo: nei suoi taccuini troviamo schizzi che rivelano curiosità e rispetto verso l’animale.

Il cane nel Rinascimento non è solo compagno dell’uomo, ma specchio della sua interiorità: rappresenta la capacità di amare, di restare fedele, di accompagnare senza chiedere nulla in cambio.

Il cane e la leggenda di Nastagio degli Onesti

Tra le opere più intense del periodo, una scena cattura la forza simbolica e drammatica del cane nel linguaggio rinascimentale:

il “Nastagio degli Onesti, secondo episodio” (1483), capolavoro di Sandro Botticelli, conservato al Museo del Prado di Madrid. Il dipinto, realizzato a tempera su tavola (82×138 cm), fa parte di un ciclo di quattro tavole ispirate a una novella del Decameron di Giovanni Boccaccio. Narra la storia di Nastagio, giovane nobile rifiutato dalla donna amata, che nel bosco assiste a una visione terribile: una dama nuda, inseguita da un cavaliere e da due levrieri, viene raggiunta e dilaniata dai cani come punizione eterna per la sua crudeltà amorosa.

Botticelli trasforma questa scena di dolore in una potente allegoria morale: i levrieri, agili e spietati, non sono solo strumenti di vendetta ma messaggeri del destino — custodi della giustizia e testimoni del legame indissolubile tra passione, colpa e redenzione. L’uso della luce, la precisione dei movimenti dei cani, il contrasto tra l’eleganza dei personaggi e la ferocia dell’atto, rendono il quadro un racconto visivo sul confine tra amore umano e destino divino.

Un invito a guardare con occhi diversi

Oggi, in un tempo in cui la velocità ci spinge verso i centri commerciali e gli spazi del consumo, fermarsi davanti a un dipinto rinascimentale dove un cane dorme accanto al padrone o segue lo sguardo del pittore può diventare un piccolo atto di consapevolezza.

Un invito a riscoprire quanto profondo sia il legame tra la nostra specie e la sua, un legame che attraversa secoli, pennelli e civiltà.

La prossima domenica, invece di una passeggiata tra le vetrine, varcate la soglia di un museo: cercate quei piccoli protagonisti a quattro zampe nascosti tra sete, armature e volti antichi. Scoprirete che il cane è sempre lì — a ricordarci chi siamo davvero.

Curiosità e suggerimenti di visita

  • Galleria degli Uffizi (Firenze) – Tiziano, “Venere d’Urbino”

  • National Gallery (Londra) – Jan van Eyck, “I coniugi Arnolfini”

  • Museo del Louvre (Parigi) – opere di Leonardo da Vinci con studi di animali

  • Palazzo Ducale di Urbino – ritratti di corte con cani da compagnia

  • Pinacoteca di Brera (Milano) – opere rinascimentali lombarde con soggetti venatori

Bibliografia essenziale

  • E. Panofsky, Il significato nelle arti visive, Einaudi, 1962

  • R. Baldini, Animali nell’arte del Rinascimento, Electa, 2018

  • M. Baxandall, Pittura ed esperienza sociale nel Rinascimento italiano, Einaudi, 1978

  • B. Santi, Botticelli, in “I protagonisti dell’arte italiana”, Scala Group, Firenze 2001