Nella nostra rubrica “Il cane, compagno di vita e di futuro” vogliamo dare spazio a contributi che stimolino un dibattito serio sulla relazione uomo–cane. Questa settimana condividiamo un contributo anonimo, che ci sembra importante perché tocca due aspetti cruciali: la consapevolezza dei referenti umani e il ruolo dei professionisti. I temi del contributo sono i seguenti:

Non è questione di taglia o di razza

Troppo spesso i cani vengono scelti sulla base della moda o delle dimensioni. Chihuahua, Jack Russell, Bassotti: cani piccoli che molti immaginano “facili”, ma che in realtà nascono per funzioni specifiche (come la caccia) e portano con sé bisogni energetici e caratteriali che non possono essere ignorati.

Lo stesso vale per cani di razze più grandi o considerate “impegnative”: quando finiscono nelle mani sbagliate, la mancanza di conoscenze porta a incidenti e incomprensioni.

La realtà è una sola: non è il cane a sbagliare, ma la mancata preparazione del proprietario.

Patentino o percorso pre e post affido?

Il contributo ricevuto propone l’introduzione di un patentino obbligatorio per tutti, indipendentemente dalla provenienza del cane (canile o allevamento).

Come FICSS condividiamo la necessità di strumenti concreti, ma crediamo che serva andare oltre.

La nostra posizione è chiara:

  • non solo un patentino, ma un percorso pre-affido per chiunque decida di prendere un cane,
  • accompagnato da un percorso post-affido che supporti le famiglie nella gestione quotidiana, nella prevenzione dei problemi e nel rafforzamento della relazione.

Un cammino che deve essere seguito da un team multidisciplinare: educatori cinofili, psicologi, veterinari. Solo così possiamo garantire scelte consapevoli e una convivenza davvero rispettosa.

Cosa insegna l’esperienza svizzera

Un esempio concreto arriva dalla Svizzera, dove nel 2008 era stato introdotto un corso obbligatorio per tutti i futuri proprietari di cani.

L’iniziativa, pur innovativa, è stata abolita nel 2017 perché non ha prodotto i risultati attesi: molti la vivevano come un semplice adempimento burocratico, senza reale coinvolgimento o cambiamento.

Questa esperienza ci ricorda che non è sufficiente imporre un patentino.

Serve un progetto culturale più ampio: un percorso di formazione e accompagnamento che inizi prima dell’affido e continui dopo, con un team multidisciplinare che supporti concretamente le famiglie e favorisca il benessere di tutti.

Il ruolo dei veterinari

Un altro punto emerso dal contributo riguarda i veterinari. Troppo spesso, nell’approccio clinico quotidiano, manca la sensibilità comunicativa verso il cane.

  • Chinandosi frontalmente, con mani protese e passo lento, alcuni professionisti trasmettono al cane una percezione di “agguato” anziché di rassicurazione.

  • Nelle visite ambulatoriali, non sempre si tengono in considerazione i livelli di stress dovuti a viaggio, ambienti sconosciuti e stato emotivo del proprietario.

  • Anche le scelte cliniche, come la vaccinazione, dovrebbero passare da una valutazione più ampia e personalizzata, ad esempio considerando la titolazione anticorpale prima di proporre protocolli standard.

Si tratta di aspetti che rientrano a pieno titolo nella relazione uomo–cane: la medicina veterinaria, se vuole essere davvero centrata sul benessere animale, non può trascurare la comunicazione e l’approccio comportamentale.

Una sfida culturale e sociale

Che si tratti di un cane adottato in canile o acquistato in allevamento, la responsabilità del proprietario è identica. Non possiamo permettere che scelte superficiali o gestioni sbagliate diventino un problema sociale.

La sfida è culturale: riconoscere che un cane è un cane, con i suoi bisogni e i suoi segnali, e che il rispetto nasce da conoscenza, ascolto e formazione continua.

✨ E tu cosa ne pensi? Un percorso pre e post affido obbligatorio potrebbe migliorare la convivenza tra persone e cani?

inviaci il tuo contributo a: comunicazione@ficss.it

👉 Ti aspettiamo ogni domenica alle 20:00 sulla nostra pagina Facebook.